domenica 21 febbraio 2010

Carnevale di Viareggio

Che freddo gelido e vento oggi a Viareggio.
E che meraviglia.
Questo è quanto ne avevo scritto per Vanity Fair.

Si chiamano "Alfabeto apocalittico", "Amore rubato", "Danza del drago" e sono alcuni dei carri del carnevale di Viareggio 2010. Tutti belli, tutti fantastici, spettacolari, effimeri come la cartapesta con cui sono stati creati, un foglio incollato sull'altro (i preferiti sono la “Gazzetta dello Sport” e “Il Sole 24 ore”) con acqua e farina.
I carri sono una passione, per alcuni tramandata di padre in figlio, per altri iniziata "solo" da una trentina d'anni, negli enormi capannoni di Viareggio. E proprio lì ho conosciuto Gilbert Lebigre, artista francese di madre italiana, professore d'arte che ha studiato all'accademia, e costruttore di carri con la moglie Corinne.

Quindi lei è un artista vero?
Certo, e il Carnevale è una cosa seria. Arlecchino dice sempre la verità: attraverso l'ironia si fa pulizia dei luoghi comuni, dei preconcetti, dell'ipocrisia.
Non per caso il Carnevale esiste sia nella tradizione giudaico-cristiana, sia in quella induista. Lo fanno anche in Giappone... praticamente è una necessità biologica.

Come avete intitolato il vostro carro?
"Padroni a casa nostra. Soluzione finale!" e il tema è la paranoia. Dicono che sia un carro politico, ma in realtà abbiamo solo creato l'idea di una città arroccata su se stessa, terrorizzata dall'altro, dal diverso, che si difende con i cannoni, mentre tutto intorno l'intera popolazione si arma per stare completamente al sicuro e alla fine, naturalmente, diventa prigioniera di se stessa.
Ma il carro è stato bocciato da un’apposita commissione bozzetti, emanazione della Fondazione Carnevale. Insomma ce l'hanno censurato .

E voi cosa avete fatto?
Abbiamo continuato a costruirlo. Non si censura il Carnevale.

E loro?
Ci hanno convocati.

Vi siete presentati?
Certo, nella nostra veste più naturale, vestiti da pagliacci.
Solo così finalmente siamo riusciti a parlare seriamente col Presidente della commissione e a risolvere il problema.
Infatti, siamo qui, come vede. Per i viareggini (che non hanno certo dimenticato la tragedia del treno di fuoco che li ha colpiti e le polemiche sui risarcimenti) il Carnevale non si fermerà mai. È una passione, una grande cultura tacita. Pensi che i carri, all'interno, sono costruiti secondo la tradizione navale viareggina, e in realtà non sono che piccole grandi navi terrestri di acciaio, cartapesta, fantasia e passione.

E il giorno dopo?
Non esistono più. I carri sono troppo grandi per essere tenuti ancora vivi. Vengono smontati e di loro rimane solo il ricordo e l'emozione che hanno dato. Oltre alle polemiche, naturalmente, e ai dibattiti furibondi nell'intera città. E si comincia a pensare al prossimo Carnevale.
(Al primo corso di Viareggio c'erano 65.000 spettatori, al secondo 150.000, tutta la città ha partecipato, nei e intorno ai carri. Ci sono in programma altri due corsi, il 16 e il 21 febbraio.
(http://www.viareggio.ilcarnevale.com/manifesto2010.php)
I miei amici israeliani che non avevano mai visto un carnevale ne sono rimasti entusiasti. Dalle tribune ho salutato Gilbert e Corinne. più tardi cercherò di scoprire chi ha vinto il primo premio.

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